NON SOLO DI PANE
Eccomi qui, ritorno dopo quasi tre mesi alla postazione di lavoro che mi ha fatto crescere in questi anni con degli accorgimenti importanti per difenderci da questo mostro nero. Per molti queste protezioni possono sembrare necessarie, per altri inutili. Qualsiasi sia l’idea che ognuno può farsi, grazie ai numerosi scienziati che nei vari salottini televisivi esprimono le proprie ragioni in questi mesi di Pandemico furore, è che nessuno ha la verità assoluta in mano ed aver l’umiltà di dire non lo so a volte sarebbe la cosa più scientifica e sicura che può uscire dalla loro bocca.
Comunque come vi ripeto valido o no non siamo qui per discutere questo ma per farvi ragionare su degli esperimenti fatti moltissimi anni fa e ripresi poi in diversi anni i quali hanno fatto notare che per sopravvivere non basta il solo pane.
E per farlo mi limito a riportare qui un articolo scritto sulla Repubblica nel 2018 ma che tranquillamente potete reperire su riviste specializzate del settore. Per poi porvi dei quesiti e dei dubbi sui quali andare ad informavi in fondo alla pagina.
“Bambini correttamente alimentati ma deprivati di interazioni e contatti possono letteralmente morire di fame. Nella Cronaca lo storico del XIII secolo, Salimbene de Adam, descrive un esperimento, ideato dall’imperatore Federico II di Svevia, per rispondere alla dibattuta questione che gli antichi linguisti si erano posta sin dai tempi dei faraoni Psammetico: qual è la lingua umana originaria? l’egiziano, il frigio, l’ebraico?
Federico II decise di far nutrire regolarmente un gruppo di neonati in assoluto silenzio, i piccoli furono toccati quel minimo indispensabile alle cure igieniche al fine di eliminare completamente le loro possibilità di interazioni linguistiche con le nutrici.
Salimbene narra che quei bimbi non parlarono nè in ebraico, nè in egiziano, nè in alcun’altra lingua: l’assenza di contatto fisico e verbale li condusse fatalmente alla morte. La dichiarata avversione di fra’ Salimbene contro Federico II fece pensare ad una esagerazione della propaganda guelfa, si ipotizzò che le conseguenze dell’esperimento fossero state ingigantite per incolpare l’odiato imperatore di infanticidio.
I resoconti di Salimbene furono indirettamente accreditati dalle osservazioni di Renè Spitz uno psicoanalista viennese emigrato durante la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti. Spitz condusse, per la prima volta uno studio su bambini abbandonati in orfanotrofio seguendo il metodo scientifico sperimentale. Nello scritto Hospitalism e nel filmato Grief a peril in infancy il ricercatore osservò 91 bambini abbandonati sin dalla nascita in orfanotrofio, nutriti regolarmente ma con scarsi contatti interpersonali. Le nutrici dedicavano qualche carezza ai primi della grande camerata in cui vivevano gli infanti ma per gli ultimi il tempo stringeva e non si andava oltre le minime interazioni necessarie al nutrimento e all’igiene.
Dopo 3 mesi di carenza di contatti i bimbi svilupparono una grave apatia, inespressività del volto, ritardo motorio e deterioramento della coordinazione oculare. Nelle loro culle si formò un piccolo avvallamento che li avvolgeva completamente. I piccoli entravano in uno stato che Spitz paragonò al letargo: se ne stavano immobili in quelle nicchie che per molti divennero le loro tombe. Entro la fine del secondo anno di vita, il 37% dei 91 bambini, pur essendo stati alimentati correttamente, morì. Morirono con i segni clinici del marasma, una malattia provocata dalla carenza proteica tipica della denutrizione. Morirono i bambini che stavano in fondo alla camerata e che avevano ricevuto cibo senza contatti interpersonali. Chi riuscì a sopravvivere non fu in grado di parlare o di camminare, spesso i superstiti non erano in grado nemmeno di rimanere autonomamente seduti.
Le osservazioni pionieristiche condotte da Spitz negli anni ’40 furono riprese negli anni ‘90 e applicate con metodi sperimentali più aggiornati da gruppi di ricercatori tra i quali Metha e altri (The english and Romania adoptees study), Rutter e altri (Early adolescent outcomes of institutionally deprived and non-deprives adoptees), Zeanah e altri (The Bucarest early intervention project core group). Gli autori dedicarono osservazioni longitudinali di oltre 20 anni per studiare la piaga dell’abbandono dei bambini rumeni”
La strada che abbiamo iniziato a percorrere ci porterà verso un distanziamento sociale in cui i contatti saranno ridotti sempre più per salvaguardare la vita che questo virus sta togliendo. Quanto potremo andare avanti senza aver contatti con le altre persone? Senza poter abbracciare, accarezzare, baciare prima che malattie più letali del Covid colpiscano tutte le fasce di età partendo questa volta da quelle più giovani? Quanto costerà a livello monetario una pandemia di questo genere? le mie sono solo ipotesi su studi scientifici che magari non hanno valenza. Queste mie ipotesi sono nate discutendo con delle infermiere che in questi mesi hanno lavorato a contatto, come sempre, con dei pazienti malati. Durante questo periodo, per salvaguardarli, si sono dovuti ridurre al minimo i contatti non tralasciando il fatto che i sanitari entravano in relazione con i pazienti bardati come extra terrestri. La maggior parte di questi pazienti sono morti e probabilmente sarebbero morti lo stesso perché presentavano patologie multiple e avanti con l’età. Quanti in realtà sono morti in solitudine o come dice l’articolo di fame e quanto questo salvaguardali li ha portati ad una morte certa e più cruenta?
Con questo post non voglio assolutamente dimostrare di avere la verità assoluta e non sono abbastanza intelligente per dire ad altre persone cosa è giusto o non è giusto fare. Ma vorrei iniziare a farvi ragionare: ogni volta che qualcosa non scorre naturalmente la domanda che potete porvi potrebbe essere: ”Quello che sta accadendo è secondo natura?”. Prima di rispondervi ricordatevi che la natura spesso è cruenta ma perfetta al contrario nostro.
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